Libri letti
- Quo vadis, baby, Grazia Versani
- A volte ritorno, John Niven
- L'università di Rebibbia, Goliarda Sapienza
- Le certezze del dubbio, Goliarda Sapienza
- Storia di chi fugge e di chi resta, Elena Ferrante
- L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Haruki Murakami
- Miele, Ian McEwan
- La versione di Barney, Mordecai Richler
- Indignatevi!, Sthéphane Hessel
- La moglie, Jhumpa Lahiri
- Quo vadis, baby, Grazia Versani
- A volte ritorno, John Niven
- L'università di Rebibbia, Goliarda Sapienza
- Le certezze del dubbio, Goliarda Sapienza
- L'ultima tentazione di Cristo, Nikos Kazantzakis
- La seconda crocifissione di Cristo, Nikos Kazantzakis
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- Storia di chi fugge e di chi resta, Elena Ferrante
- Miele, Ian McEwan
- L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Haruki Murakami
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- Il signore degli Anelli, J. R. R. Tolkien
Mi ha molto divertito e lo consiglio caldamente A volte ritorno di John Niven. Dio se ne va in vacanza per una settimana del tempo del paradiso, quando torna sulla terra sono passati 5 secoli e c'è un gran casino, dopo vari smadonammenti (ebbene sì Dio impreca) non gli resta altro da fare che rimandare Gesù sulla Terra, proprio quando era appena tornato (sempre dal punto di vista del tempo del paradiso). Dio ama i froci e non gliene frega niente se credete in lui oppure no, inoltre in paradiso si fuma la migliore erba dell'intero universo, l'unica cosa che gli importa di noi e che facciamo i bravi. A me ha fatto ridere, sorridere e pure un po' commuovere... certe corde in me sono particolarmente sensibili e indignarsi, anche se con il ghigno, non è mica una cosa brutta.
Ho fatto poi una doppietta con Goliarda Sapienza: L'università di Rebibbia e Le certezze del dubbio. Il primo racconta della sua esperienza di carcere, ci va dopo un furto compiuto più per un malessere interiore che per vera necessità. Finisce nel carcere romano di Rebibbia e con uno sguardo diretto e mai mai arrogante racconta quel microcosmo così particolare e altro. Non è un trattato di sociologia ma ne vale 1.000, la scrittura è spontanea e vitale, non annoia mai e il suo racconto è davvero vivo e attuale, bello. Nel secondo dopo essere uscita di prigione Goliarda rivede alcune delle sue vecchie compagne e ricompone, piano piano, i legami di dentro anche di fuori. In un periodo storico drammatico, pieno appunto di dubbi e incompresioni (non che ora sia meglio), questa meravigliosa scrittrice riesce a raccontarlo senza cadere nella tentazione di spiegare e giudicare. Una testimone preziosa pure nella sua apparente marginalità. Si intuisce nelle pagine ragioni e fatica del suo scrivere, si intravede una natura generosa capace di sentimenti totalizzanti, mi piacerebbe tanto sapere cosa è successo alle ragazze di cui ci ha raccontato.
Ho poi finalmente letto Storia di chi fugge e di chi resta di Elena Ferrante. Un capolavoro. Se i primi due volumi potevano grosso modo definirsi entrambi romanzi di formazione, questo ultimo è davvero a tutto tondo un romanzo di emancipazione. Un'emancipazione alla fine riuscita, seppure dolorosa, incerta, drammatica quella di Elena; meno quella di Lila forse troppo arrabbiata con sé stessa e prigioniera del suo mondo per riuscire del tutto. Sono due personaggi straordinari ma Lila è troppo fortemente egocentrica nel suo sentire, incapace di generosità autentica, troppo manipolatrice nella sua lotta per la sopravvivenza, alla fine non riesce ad affrancarsi totalmente da sé stessa e proprio per questo il suo percorso di emancipazione sembra ad un certo punto bloccarsi. Elena è più insicura, tende ad adottare parametri altrui per giudicarsi, a volte è troppo accondiscendente nel piegarsi alla visione che altri hanno di lei (o che lei si aspetta o vorrebbe che abbiano) trova però in sé stessa, nella sua intelligenza, nella sua disciplina allo studio, la capacità di trovare un modo di dirsi che non è quello degli uomini che le sono vicini. La prima resta ancorata al rione, ci torna a vivere e si ritrova avvolta nelle sue trame; la seconda nell'andarsene trova la chiave per essere davvero altra. Andando avanti nel racconto c'è una sorta di rovesciamento di ruoli, quella più capace di assumersi il rischio della propria libertà è proprio Elena che all'inizio sembrava invece quella meno in grado di farlo. E' un romanzo straordinario, ho letto due volte le ultime 60 pagine per godermi una scrittura rapida, pulita e asciutta che sa arrivare davvero al cuore delle cose. Mi ha molto colpito un brano e ve lo riporto qui:
Ma a volte - specialmente quando mi ero curata non soltanto per fare buona figura in generale, ma per un uomo - apparrecchiarmi (era questo il vocabolo) m'era sembrato che avesse qualcosa di ridicolo. Tutto quell'affanno, tutto quel tempo a cammuffarmi quando avrei potuto fare altro. I colori che mi stanno, quelli che non mi stanno, i modelli che mi snelliscono, quelli che m'ingrossano, il taglio che mi valorizza, quello che mi svaluta. Una lunga, costosa preparazione. Un ridurmi a tavola imbandita per l'appetito sessuale del maschio, a vivanda ben cucinata perché gli venga l'acquolina in bocca. E poi l'angoscia di non farcela,di non sembrare bella, di non essere riuscita a celare con destrezza la volgarità della carne con i suoi umori e odori e difformità. Comunque l'avevo fatto.E' poi toccato a L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami. Tsukuru fa parte di un piccolo e affiatato gruppo di amici, tutto va per il meglio tra di loro (anche se Tsukuru è andato a Tokio per studiare) finché non viene brutalmente escluso dalla comitiva, senza spiegazioni o chiarimenti di sorta. Inizia così un percorso doloroso di allontanamento ed estraniazione, una forma di autodifesa che però rende appunto Tsukuru incolore. Sarà l'incontro con una donna a convincerlo a ripercorrere il passato e a cercare, trovandolo, il confronto con gli amici che lo avevano abbandonato. E' una sorta di romanzo di formazione a lungo termine, ci vogliono 16 anni a Tsukuru per chiudere il cerchio, ma anche un romanzo d'amore, o meglio sulla natura salvifica dell'amore, che scuote e pretende. Intendiamoci non è un romanzo che definirei passionale, la narrazione è molto pacata, lo stesso personaggio lo è, ma lo è per forza dei sentimenti che evoca, il finale aperto fa ben sperare, Tsukuru ha smesso di vagare e ora può davvero vivere.
Mi è piaciuto assai anche Miele di Ian McEwan. Una storia d'amore camuffata da storia di spie, all'inizio mi ha lasciata un po' tiepida e perplessa, certi passaggi li ho trovati strani ma poi mi ha catturata e l'ho adorato. E' una storia di finzioni stratificate dalla trama lineare, la complessità sta in quello che non viene scritto e che si capisce solo alla fine. Come per la Ferrante anche per McEwan ho letto le ultime pagine due volte, talmente mi sono piaciute, è un libro intelligente, ve lo consiglio.
Ho deciso di rileggere La versione di Barney di Mordecai Richler. Barney beve troppo, parla troppo, mangia troppo, è scurrile, irriverente, invidioso, rissoso ma pure ironico, intelligente, generoso e profondamente innamorato della sua terza moglie. Non è fiero di sé ma non può essere altro da così, ti ritrovi a parteggiare per lui nonostante le sue tirate misogine e razziste, fatte non tanto per convinzione ma per non darla vinta ai suoi interlocutori, per il puro e semplice gusto di fargli un dispetto. E' un romanzo divertente e profondamente umano.
Mia sorella mi ha poi prestato Indignatevi! di Sthéphane Hessel. Breve ma intenso, appello scritto da un protagonista della resistenza francese e di quello che ne seguì per rimarcare i principi e gli ideali che oggi paiono essere dimenticati.
Ho chiuso il mese con La moglie di Jhumpa Lahiri. L'ho scoperta grazie ad Internazionale, per cui ha scritto un diario sul suo rapporto con l'italiano, lingua sempre amata e che ha dovuto imparare meglio dopo aver deciso di trasferirsi a Roma. La moglie è una storia della diaspora in un certo senso. Due fratelli molto uniti si dividono, il primo parte per gli USA, il secondo resta a Calcutta dove si sposa. Quando questi viene ucciso il primo torna in India e sposa la vedova incinta di pochi mesi. Il loro esilio comincia da qui, i sensi di colpa, il dolore, il lungo lutto, la difficoltà a trovare un posto e un senso del proprio esistere. E' una storia dolorosa ma aperta alla speranza, al perdono e alla riconciliazione.
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