Autore: Jonathan Franzen
Editore: Einaudi
Anno: 2021 (edizione originale 2021)
Traduttrice: Silvia Pareschi
Stelle: 5 su 5
Pagine: 629
In due parole: della infelicità nelle famiglie e dell'egoismo della fede
Nessuno come Jonathan Franzen è capace di raccontare famiglie discretamente disfunzionali e mediamente se non grandamente infelici, questa in particolare dovrebbe essere se non perfetta quasi: un padre pastore, una madre devota, quattro figli belli e intelligenti. Russ il padre però si è invaghito di una parrocchiana e fa di tutto per circuirla, Marion la madre va da una psicologa di nascosto e nasconde un trauma terribile, Clem figlio più grande decide di partire per il Vietnam perché si vergogna dei propri privilegi, Becky l'unica figlia è concentrata sul suo futuro e sul mantenere la propria popolarità, Perry il terzo figlio ha seri problemi di droga oltre che di egoismo anche se prova un affetto sincero per il fratellino più piccolo, appena accennato. Si perdono dietro i proprio personali desideri, non vedono chi gli sta accanto e si rifugiano nella fede per assolversi e commiserarsi. Ambientato nel 1971 è il primo di una trilogia, quindi ritroveremo la famiglia Hildebrandt, è anche un romanzo sulla fede cristiana che, nella visione di Franzen non aiuta i personaggi ad essere più generosi e comprensivi verso le altrui debolezze, anzi da un certo punto di vista li rende egotici e crudeli. Se dovessi fare una classifica metterei Becky all'ultimo posto e Marion al primo, per le posizioni degli altri aspetto il prossimo romanzo.