Autrice: Deborah Feldman
Editore: Abendstern
Anno: 2019 (edizione originale 2012)
Traduzione: Simona Sale, Daniela Martina Rossi
Curiosità: dal libro è stata tratta Unorthodox, una miniserie andata in onda su Netflix
Stelle: 4 su 5
Pagine: 297
In due parole: storia di una donna che diventa sé stessa senza perdere le proprie radici
Deborah Feldman è nata nella comunità chassidica Satmar di Williamsburg a New York, la comunità vive secondo dei rigidi principi ebraici: parlano yiddish, seguono i precetti della torah, vivono praticamente segregati rispetto agli altri abitanti di New York, hanno le loro scuole. Una comunità in cui le donne sono fortemente represse. Cresciuta con i nonni, il padre era inaffidabile e la madre aveva lasciato la comunità quando lei era molto piccola, fin da subito vive con difficoltà le regole e le limitazioni che le sono imposte. Non può leggere libri in inglese, non può indossare pantaloni, non può studiare... a 17 anni si sposa (un matrimonio combinato) e la limitatezza della sua educazione sessuale le fa vivere momenti difficili e dolorosi, non per questo però si arrende e nel tentativo di essere più libera, migliorare la propria vita e proteggere il figlio che nel frattempo ha avuto, si iscrive all'università e inizia un percorso di emancipazione che si conclude con l'abbandono della comunità e la lotta vittoriosa per ottenere la custodia del figlio (cosa tutt'altro che scontata). Feldman ha pagato un prezzo molto alto per la su fuga, il percorso non è stato certo facile ma ora oltre a poter esser finalmente sé stessa, guarda agli anni della sua infanzia e adolescenza senza acrimonia ma con lucidità, è consapevole delle proprie radici e dei problemi che una comunità chiusa come quella chassidica provoca alle persone che ne fanno parte, non rinnega la sua ebraicità e rivendica la sua libertà. Molto bello.