Titolo: Sharon e mia suocera. Se questa è vita
Autrice: Suad Amiry
Editore: Feltrinelli
Anno: 2003 (edizione originale 2003)
Traduttrice: Maria Nadotti
Stelle: 4 su 5
Pagine: 283
In due parole: la Palestina quando era "solo" apartheid e non ancora sterminio
Suad Amiry è una architetta palestinese, "Sharon e mia suocera" lo ha scritto tra il 17 novembre 2001 e il 26 settembre 2002, durante le invasioni di Ramallah da parte di Israele contro il quartier generale di Arafat. "Se questa è vita" affronta invece le mille contraddizioni e difficoltà che una/un palestinese deve affrontare nella condizione di apartheid a cui Israele costringe chi vive in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. E' anacronistico leggere racconti (o meglio cronache) dalla Palestina pubblicate tra il 2003 e il 2005, eppure mi sembra più che mai necessario per capire la profondità del trauma palestinese, il disconoscimento di questo trauma o sottovalutazione in contrapposizione del trauma altrettanto profondo degli ebrei, che a sua volta viene usato in maniera strumentale dagli israeliani per giustificare l'occupazione e l'apartheid. Ma ora il trauma palestinese si fa se possibile ancora più profondo e gli si affianca ora il trauma israeliano provocato dagli attacchi del 7 ottobre. Naomi Klein in un articolo su "La zona d'interesse" di Jonathan Glazer parla di come il genocidio palestinese sia diventato un rumore di fondo, in continuità con il rumore di fondo del genocidio perpetrato dai nazisti. Quando Suad Amiry scriveva il suo libro, avevamo già normalizzato l'apartheid palestinese, ora rischiamo di normalizzare lo sterminio della popolazione di Gaza. Ma che fare? E' questa la domanda a cui dobbiamo rispondere.