lunedì 22 gennaio 2018

Il Tempo ritrovato

Titolo: Il Tempo ritrovato
Autore: Marcel Proust
Editore: Newton Compton
Anno: 1990 (edizione originale 1927)
Traduzione: Giuseppe Grasso
Curiosità: settimo e ultimo volume della Recherche, scritta tra il 1909 e il 1922 e pubblicata tra il 1913 e il 1927
Stelle: 5 su 5
Pagine: 363
In due parole: si chiude un'epoca e se ne apre un'altra, una vita trova la propria ragione di essere



Il Tempo ritrovato è a tutti gli effetti la summa non solo della Recherche ma di tutta la poetica proustiana. In questo volume - con la prima parte ambientata durante la grande guerra e la seconda molti anni dopo, dopo anche l'effettiva morte dell'autore - il senso dell'intera operazione viene svelato e spiegato. Il volume si apre con una mirabile descrizione di Parigi durante la grande guerra, ritroviamo i vari personaggi conosciuti nei volumi precedenti alle prese con i loro vizi e le loro virtù. Finita la guerra e dopo un lungo periodo di reclusione a causa della malattia l'io narrante torna a Parigi, si reca quindi ad un ricevimento pomeridiano organizzato dalla Principessa di Guermantes e, sia prima che durante, in una sorta di epifania comprende quale dovrà essere il suo destino: la scrittura cioè dell'opera di cui teniamo l'ultimo volume nelle mani. In questo volume Proust non solo dichiara con decisione che tutti i personaggi da lui descritti sono stati inventati di sana pianta (a cominciare dal narratore stesso), ma chiarisce e definisce la propria poetica e ci aiuta a coglierne tutta la genialità.

Come altri hanno detto meglio di me il tema centrale in Proust è il tempo, un tempo che è di volta in volta storico e a-storico, in continua modificazione, dove la percezione del passato, del presente e del futuro non è mai fissa e data una volta per tutte, ma in continua evoluzione e quindi estremamente relativa. Un tempo che ha una qualità squisitamente sensoriale e che percepiamo, non solo grazie a delle costruzioni mentali postume, ma grazie al nostro sentire e alle memoria che di quel sentire serbiamo. L'epifania del narratore, che lo porterà nel corso di una breve mattinata, a progettare l'intera opera, nasce da impressioni momentanee e velocissime. E' questa la genialità di Proust, la capacità di descrivere - con le sue frasi lunghissime, le digressioni, lo stile raffinato e con la sua prosa sempre incredibilmente chiara - il volgersi del tempo.
Tutto in Proust è sottomesso al tempo: le persone che conosciamo, amiamo e dimentichiamo dopo averle perdute; le persone che ritroviamo dopo lunghi anni e che riconosciamo per pochissimi indizi; la buona società francese nettamente divisa all'inizio del ciclo tra la vecchia nobiltà e la nuova borghesia e irrimediabilmente sovrapposta e contaminata alla fine; noi stessi... Il tempo quindi distrugge inevitabilmente tutto ciò che tocca e se l'arte ha un compito, è proprio quello di fissarlo, di rendere un'impressione momentanea qualcosa di duraturo.
Anche i temi più evidenti dell'amore possessivo e della gelosia, come anche dell'amore omosessuale, servono a Proust non tanto per scrivere un trattato di moralista (anzi in questo ultimo volume denuncia come la condanna della società costringa questi amori a nascondersi) ma per definire come la verità di una persona è fatta da tanti momenti, anche in contraddizione tra di loro, che noi possiamo provare ad analizzare e a cogliere ma che non ce la faranno mai conoscere veramente, perché la verità ultima e intima di un essere umano è solamente sua.