lunedì 21 maggio 2018

Sangue giusto

Titolo: Sangue giusto
Autrice: Francesca Melandri
Editore: Rizzoli
Anno: 2017
Curiosità: candidato Premio Strega 2018
Stelle: 3 su 5
Pagine: 527
In due parole: le avventure africane dell'Italia tra passato e presente, tra colpevoli e indifferenti


In un afoso pomeriggio romano, con la città alle prese con la visita di Gheddafi in Italia, Ilaria scopre di avere un nipote eritreo: Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti. Il padre di questo nipote è il figlio che suo padre ebbe con una donna etiope durante l'occupazione italiana, il suo fratellastro dunque, suo e dei fratelli di lei che Attilio Profeti - così si chiama suo padre - di famiglie ne ha avute più di due, almeno tre. Ilaria scopre così di suo padre alcuni dettagli che la inquietano, sapeva già che suo padre non era uno specchio di trasparenza ma ora le si prospetta un padre convinto fascista, forse un criminale, a cui però non può chiedere conto di nulla: è molto anziano ed è affetto da demenza senile, non può quindi raccontarle niente né tantomeno giustificarsi. Alternando il presente di Ilaria e il passato di suo padre Francesca Melandri ambienta la sua storia in una delle pagine più vergognose della nostra storia, quella coloniale che ai tempi del ventennio era già una realtà consolidata e che con il ventennio raggiunse vette di ferocia e crudeltà mai viste. Traccia così un parallelo tra le migrazioni provenienti dal corno d'Africa, la Libia di Gheddafi e l'ipocrisia dell'Italia e dell'Europa.

Francesca Melandri scrive con intelligenza ben documentata ma qualcosa lascia perplessi in questo lungo romanzo. Una ironia a volte poco riuscita, una certa compiacenza nel descrivere gli abusi e gli orrori fascisti a cui non corrisponde però una presa di coscienza da parte dei protagonisti. Attilio Profeti si protegge prima con l'indifferenza e l'egoismo e poi con la senilità dal suo passato poco trasparente. La figlia Ilaria sembra rassegnarsi un po' troppo facilmente alla impossibilità di conoscere davvero la storia di suo padre. Certo potrebbe essere voluto, Attilio Profeti in fondo sembra incarnare il perfetto italiano, che non è certo santo, poeta o navigatore... ma corrotto, corruttore, intrallazzatore e indifferente a tutto ciò che non lo tocca direttamente. Ed è quello che succede in questo romanzo, si forma una voragine che potrebbe inghiottire qualunque cosa ma ben presto si trasforma in una buca scavata nella sabbia, appena aperta e subito riempita dalla risacca.