Autrice: Elizabeth Strout
Editore: Einaudi
Anno: 2020 (edizione originale 2019)
Traduzione: Susanna Basso
Stelle: 5 su 5
Pagine: 225
In due parole: il ritorno di Olive Kitteridge, con la sua amarezza e la sua straordinaria umanità
E' il seguito di "Olive Kitteridge" e come quello è strutturato in racconti di cui non sempre Olive è protagonista. La ritroviamo quindi dove l'avevamo lasciata, all'inizio della sua relazione con Jack Kennison, che contro ogni previsione (soprattutto di loro due) durerà e si sposeranno e si ameranno. Olive avrà ancora nostalgia di Henry il primo marito, si rammaricherà di non essere stata una madre e una moglie migliore, ma andrà avanti e sarà come sempre capace di slanci meravigliosi, capace di vedere la bellezza e la poesia del mondo e delle persone che la circondano. I brani sull'invecchiamento di Olive e del suo trasferimento in una casa di cura sono commoventi, come è commovente l'amicizia che riesce a stringere con la sua vicina di ospizio, Isabelle con cui Strout ci sorprende perché è la madre di Amy e raccontandoci cosa è successo a Olive ci dice anche quello che è successo a loro due. E' un libro amaro per certi versi, ma anche stranamente ottimista, tutte le vite contano e ognuna di loro nasconde abissi insondabili e picchi di purezza estrema, Strout ce li fa vedere senza giudicare ma solo mostrandoli.